Vi è mai capitato di scrivere qualcosa di geniale? Montare una trama avvincente, con temi profondi, particolari, di cui nessuno o solo pochi hanno osato parlare? Certo è difficile rimanere in carreggiata, evitare di sbandare e andare dritti verso una meta chiamata “finale perfetto”. Ma ancora una volta non siamo qui per parlare del finale; e checché se ne dica, aperto o chiuso, in certe circostanze basterebbe mantenere la coerenza narrativa.
Dunque qual è il problema? Il tentativo di stupire il lettore, quel “Cavolo, devo assolutamente aggiungere, dire, fare, perché è stato già detto, detto e fatto tutto”. Errore madornale.
Questo mix genera solo tanta confusione nella testa del lettore, il quale non saprà più dove concentrarsi; e lo stesso autore perderà il filo, scriverà scene confusionarie, dislocate.
Il problema principale è quello presentato all’inizio? Oppure no? Sicuramente quello non vale nulla, perché viene oscurato è messo da parte, giacché l’autore si concentra su altro. E allora il problema è il secondo, sì. Poi, però, il problema diventa il terzo. Il primo e il secondo sembrano improbabili, accantonati. Il personaggio ne esce senza problemi.
Nella realtà non funziona così, non si possono semplicemente dimenticare i problemi per risolvere le cose. Dunque si crea un minestrone forzato di disastri, nel quale il protagonista va a sguazzare e, spesso, a uscirne vincitore per un puro colpo di fortuna; ma solo nelle ultime pagine del libro: vale a dire, quando l’autore ha finito le idee, quando è stufo di causare disgrazie e sfogarsi sulla carta, perché ormai perso e solo, distante dall’idea iniziale, ma certo di aver creato comunque qualcosa di geniale.
Come faccio a dirlo? Pensate che io non abbia mai fatto una gaffe simile con me stessa e con gli altri? Ogni tanto rileggo un mio vecchio libro mai pubblicato e cerco ancora di capire perché la protagonista sia stata bersagliata da tante sfighe... ah, la cattiveria!